Neoplatonismo e arte nella Firenze del 1400

L’esaltazione della vita civile e della libera costruzione umana di una città terrena implodono verso la fine del ‘400 in un’evasione dal mondo secondo gli aspetti contemplativi dell’esistenza. Le speranze e i progetti del primo Umanesimo sulla fiducia nelle capacità umane verso la società e partecipazione collettiva alla vita politica e culturale vengono deluse da un crescente sentimento di insoddisfazione. Il mutamento dell’orientamento filosofico è strettamente collegato alle vicende storiche della politica italiana. A Firenze l’avvento della signoria si rivela in un certo senso come una forte limitizaione dei gruppi privilegiati di ricchi mercanti e di nobili ma concentra il potere quasi unicamente sotto la responsabilità della famiglia Medici.

Lo stato di crisi culturale si profila in questo contesto come il mancato raggiungimento della città ideale ispirata alla filosofia greca e ripresa con entusiasmo nel primo Umanesimo.

La viva consapevolezza della crisi si esplica con un’accentuazione della valorizzazione della romana libertas  che trova il culmine nell’Invettiva di Salutati con la proclamazione dell’analogia con la florentina libertas. L’esigenza della libertà individuale sul piano politico al fine di una libero esercizio di studio e ricerca alimenta la polemica contro la possibile tirannide generata dall’abuso di potere dei signori. Le riflessioni di Rinuccini sulla libera società in cui l’uomo può veramente esplicare se stesso si riferiscono fondamentalmente alla critica sulla gestione politica di Lorenzo il Magnifico, il signore di Firenze. Si giunge alla consapevolezza che la  cultura non fortifica l’umanità, ma al limite offre un rifugio e una fuga dal sopruso politico del potere. La libertà del saggio diventa un ripiegamento dell’uomo su se stesso come la sconfitta all’utopia di una città rinnovata.

In questo contesto i versi di Lorenzo il Magnifico manifestano la crisi di coscienza rispetto al senso della storia e alla ineluttabilità degli eventi. Quasi come il carpe diem oraziano la consapevolezza medicea della contingenza terrena traspare in un elogio chiaro e prepotente della temporalità secondo una rassegnazione quasi dovuta e necessaria al corso inevitabile della storia.

 

Quant’è bella giovinezza

che si fugge tuttavia!

Chi vuol esser lieto, sia:

di doman non c’è certezza.

Dal rinnovato interesse per i classici emerge inoltre una molteplicità di orientamenti culturali che porta sostanzialmente a due tendenze di pensiero: una si richiama ad Aristotele, interpretandolo però in chiave naturalistica; l’altra si richiama aPlatone e ai neoplatonici (Plotino in particolare).

Quest’ultima gode di una grande rinascita, dovuta in primo luogo a una forte polemica anti-aristotelica, che suole dipingere Aristotele come un pensatore vetusto e pedante. In secondo luogo la riunificazione tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente (avvenuta nel 1438) fa confluire un gran numero di intellettuali e dotti bizantini in Italia, specialmente a Firenze, che favorisce la riscoperta degli studi classici greci.

Il problema del sentimento umano rispetto alla modalità di essere nel mondo trova differenti soluzioni. L’esigenza della trascendenza,  l’interesse alla conoscenza della natura e la nostalgia di un tempo passato e irrecuperabile si fondono in uno sfondo comune. A questo proposito la nascita nella corte medicea di una nuova e precisa corrente filosofica caratterizzata da un forte accento estetizzante, il neoplatonismo, influenza profondamente il panorama culturale quattrocentesco. Le linee generali di questa corrente filosofica già sottendeva la cultura italiana perché era presente in numerosi manoscritti conservati nei monasteri già prima del ‘300.

Marsilio Ficino traduce la maggior parte dei classici platonici e la fonda l’Accademia Neoplatonica nel 1459, come da incarico di Cosimo de’ Medici nella villa di Careggi, al fine di promuovere e diffondere il neoplatonismo. Nel Rinascimento l’Accademia neoplatonica è tramandata come la filosofia degli intellettuali e poeti che disdegnavano la “barbara lingua e le analisi concettuali della scolastica”. L’ambiente di Careggi si evolve verso un estetismo che all’interiorità dell’anima, intesa come un ripensamento di tutti i simboli ed espressioni, affianca l’esigenza del bello, intesa come una meditazione più profonda e attenta alle forme.

Aspetto fondamentale dell’auspicata renovatio è il parallelismo tra lettere e arte che da vita a una lettura diversa degli scrittori e artisti antichi, ormai presi come modello di perfezione raggiunta di cui i contemporanei sono successori che utilizzano le stesse scoperte: ora gli artisti non sono separati più dalla cultura (come auspicava Vitruvio per il suo architetto ideale). Principio secondo cui gli artisti possono trovare in Zeusi il dono del colore, in Parrasio il trionfo della linea, in Apelle la sintesi di tutti gli elementi necessari a creare venustas.

In momenti di esaltazione e fiducia Ficino e i suoi amici arrivano a concepire una “reviviscenza” dei personaggi platonici, per cui non era difficile vedere Botticelli come l’incarnazione di Apelle e Ficino come quella di Platone.

La cultura rinascimentale fiorentina ha due caratteristiche fondamentali: il secolarizzarsi dei suoi interessi fomentata dall’ alta rivalità tra gli artisti fiorentini che si sentono tutti chiamati ad elevarsi in gloria e dignità personali attraverso la propria cultura;  l’aspetto non paganizzante evita il conflitto con l’autorità della Chiesa. Tutti gli umanisti fiorentini sono in confraternite religiose in cui si tengono discorsi in lingua volgare esplorando i testi del mondo antico non per erudizione personale ma per esigenza intellettuale: questo è un aspetto che distingue il modo dei fiorentini di affrontare la vita antica, curiosità che si estende anche ai riti pagani che, costituendo diversità, contribuiscono all’armonia e all’equilibrio del mondo.

Tuttavia, l’ipotesi della docta religio di Marsilio Ficino  prende posizione dall’eredità di Platone, Plotino e Pitagora, che approfondisce la riflessione del rapporto tra Dio e uomo nella conoscenza della reciproca essenza. Una conoscenza di sé attraverso Dio è possibile quanto la conoscenza di Dio attraverso il sé.

Nonostante ciò la curiosità dei fiorentini per riti, preghiere e formule liturgiche tramandate da Giambico e Apuleio attirano l’interesse sulla mitologia classica e sul gusto esotico. L’enorme massa di immagini sui miti pagani si introduce in questo contesto nel sistema economico dell’arte e della poesia cristiana toccando l’estremità della metafora con la vita morale e l’anticipazione quasi soddisfacente della verità cristiana.

L’ambiente di Careggi predispone l’interpretazione filosofica delle immagini pagane riflettendo sul piano culturale della città di Firenze una straordinaria confusione tra sacro e profano a partire dal 1470-80 principalmente attraverso due canali:

  • – introduzione delle forme antiche nelle tombe, nei pulpiti, nei pavimenti, nelle miniature e in tutte le opere di destinazione religiosa.
  • – Un meccanismo di devozione simbolica che le immagini profane intendono bene solo nell’arte sacra.

Il divulgarsi del consenso unanime suscita fenomeni come il dissenso di Savonarola o i piagnoni di fine secolo, cogliendo chiaramente l’audacia umanistica negli ulteriori sviluppi e approdi cinquecenteschi. L’arte in generale viene avvertita come la via maestra per cogliere l’ideale neoplatonico di armonia e perfezione, come la forma più immediata di intuizione dell’assoluto, in accordo con i tre ideali platonici dell’eterno Vero, l’eterno Buono, e l’eterno Bello (triade rappresentata da Raffaello nella Stanza della Segnatura). Il pensiero chiave del neoplatonismo è l’immortalità e universalità dell’anima: la teologia pagana anticipa questo dogma e il cristianesimo lo sviluppa e porta a compimento. Il neoplatonismo fiorentino non è ben definito ma piuttosto conicide con un essere-al-di-là di spazio (natura) e tempo (storia). Il bello è qualcosa di incorporeo che inevitabilmente trascende qualsiasi rappresentazione della realtà secondo le regole di sublimazione e idealizzazione dei fenomeni terreni.

Si può dire oggigiorno, che la trincea neoplatonica salvò l’Europa dalla crisi: barricati in aspetti sublimi della realtà, l’idea si è manifestata prepotente e brillante, come tutti ben sappiamo, nel Rinascimento d’Europa.

E il tutto grazie a pochi che ci hanno creduto veramente.

Fonti:

Chastel, Art et Humanisme à Florence au temps de Laurent le Magnifique, 1962

Giulio Carlo Argan, Storia dell’Arte Moderna, 1988

Wikipedia


Una risposta a "Neoplatonismo e arte nella Firenze del 1400"

  1. Ottima introduzione al risveglio del Neoplatonismo in Italia nel XV secolo, con Firenze che ne diviene il centro di irradiazione, e sede della prima scuola che si ispira all’Accademia del maestro. Non è un caso che la prima traduzione latina della “Repubblica” di Platone venga alla luce nel 1400 ad opera di Umberto Decembrio.
    Avrei un solo commento, quello della mancanza del vero protagonista del risveglio del neoplatonismo in Italia e non solo, il filosofo bizantino Giorgio Gemisto Pletone, venuto in Italia, a Ferrara e a Firenze in occasione del concilio del 1438, tenendo lezioni su Platone e auspicando una ripresa dell’antica religione ellenica in funzione universalistica come unica soluzione per il superamento delle discordie tra Cattolici, Ortodossi e Musulmani.
    Cordiai saluti

    Pintaudi Vincenzo

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